domenica 3 luglio 2011

CHI NON EDUCA


Vorremmo solo parlare di una figura positiva, ma è necessario descrivere quella sbagliata, o anche solo l’educatore superato è dentro di ognuno di noi, che siamo cresciuti in un clima tradizionale.
Siamo figure sbagliate di educatori in tante circostanze, ma soprattutto quando:
- abbiamo bisogno di far vedere chi è che sa e che comanda, e così non ci proponiamo come modelli da imitare, perché l’educazione deve sviluppare la capacità di capire, di criticare e di agire seguendo la propria creatività e iniziativa,
-abbiamo paura dell'autonomia dell'allievo, perchè non siamo stati abituati a pensare e decidere durante il nostro periodo evolutivo, non ci rendiamo conto che la condizione essenziale della nostra autonomia è il riconoscere quella degli altri, oppure siamo convinti che l’iniziativa e l’ingegno nei bambini siano pericolosi o che lo siano per noi,
-possediamo tutte le idee e le soluzioni e rifiutiamo quelle degli allievi, perché abbiamo paura che intacchino la nostra autorità, ma è più facile che la difenda perché dubitiamo della nostra autorevolezza,
-vogliamo essere infallibili e perfetti, che è segno di equilibrio e di maturità se lo perseguiamo in ogni nostro atto e comportamento, ma se abbiamo bisogno di imporlo è perché non lo possediamo, e intanto ci neghiamo all’imitazione, che è il fondamento dell’educazione, perché manteniamo invariata, o meglio accentuiamo, la distanza con chi dovremmo educare, ma soprattutto non siamo credibili,
-crediamo di dover sempre portare l’allievo per mano il giocatore per mano, senza tenere conto che il nostro compito è prepararlo a camminare da solo,
-non sappiamo correggere, o lo evitiamo perché abbiamo paura di non essere accettati, e speriamo che l'allievo, prima o poi, "capisca" e si corregga da solo,
-nello sport, creiamo un clima diverso da quello che regola la vita comune, dove non potrebbe esistere il chirurgo “caricato”, pieno di rabbia e con la bava alla bocca

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