domenica 31 luglio 2011

[...] Il valore dei giovani,dei giocatori, delle persone, sta anche in come hanno vinto e come hanno perso .....

http://www.21min.tv/index.php/video-homepage/visualizzavideo/40/filosofia/julio-velasco-intervento-2009    
Secnodo un pfrosseore dlel'Unviesrita' di Cmabrdige,
non imorpta in che oridne apapaino le letetre in una
paolra, l'uinca csoa imnorptate e' che la pimra e la
ulimta letetra sinao nel ptoso gituso. Il riustlato
puo' serbmare mloto cnofsuo e... noonstatne ttuto si puo' legerge sezna mloti prleobmi. Qesuto si dvee al ftato che la mtene uanma non lgege
ongi ltetera una ad una, ma la paolra nel suo
isineme. Un pò cmoe il "moetdo golable" nlela plalvaolo ... no ?

sabato 30 luglio 2011

IL PALLEGGIATORE

Palleggio, alzata, il fondamentale più difficile. Palleggiatore, alzatore, regista, il ruolo più discusso della pallavolo. Un gesto che nella sua massima espressione può essere considerato metaforicamente come la pennellata di un grande artista. Nel volley l'alzatore non si deve limitare a "passare" il pallone ad un suo compagno, ma deve "servirlo" nel miglior modo possibile, metterlo nelle condizioni più agevoli per scagliare il pallone al di là della rete. Il palleggiatore ha una funzione primaria nella pallavolo. E' il giocatore che tocca la palla in ogni azione del gioco, è colui che detta le strategie del gioco, è l'anima e il cervello del team.http://www.federvolley.it/CMS/upload/file/pdf/cqn/settoreallenatoreatleti/materialetecnico/MOLINARI%20LUCIANO.pdf  VARI TIPI DI ALZATA: Nel volley attuale si tende, a livello maschile, a sfruttare tutti i nove metri della rete per far muovere i tre avversari a muro dall'altra parte ... [...] [...] La palla alta solitamente usata quando il primo tocco non è preciso e il regista/alzatore si deve spostare. Questo tipo di alzata si utilizza soprattutto nelle situazioni di contrattacco dopo una difesa. [...]

ALZATA palleggio dietro...

http://youtu.be/74xb4Ht9gsg  FAST wmv http://youtu.be/CIwU6ljierA

Fast passi e tempistica.wmv

http://youtu.be/VEmQHTvheaM 

venerdì 29 luglio 2011

PALLAVOLO dentro il movimento “C.Pittera – D.Riva Violetta” 1982

CARMELO PITTERA http://youtu.be/JlIDnM1qpPA Published by RobertoScala on maggio 20th, 2011 - in volley
      Ero a caccia di questo testo, vera pietra miliare della didattica del volley, ormai introvabile visto che la casa editrice “Tringale Editore” ormai non esiste più e le copie in circolazione sono gelosamente custodite dai rispettivi proprietari.
Dopo ricerche vane, ecco la sorpresa: acquistata l’ultima edizione di “Dentro al movimento 2″ inserito il cd allegato, scopro con gran sorpresa che contiene tra l’altro il pdf completo dell’introvabile prima edizione!
Per chi fosse interessato io ho trovato tutto qui:
http://www.calzetti-mariucci.it/Shop//SchedaProdotto.aspx?id=8014

TIRARE FORTE nel VOLLEY ... (pull hard in volleyball )

Lo schiacciatore ricevitore nella pallavolo femminile

Sin dall’attacco e difesa in coppia è importante che i ragazzi imparino a tirare forte e a braccio veloce per non perdere tali caratteristiche durante l’attacco a rete.(Mencarelli)
http://youtu.be/JSD07ylV5bQ

VolleyBaLL-MOVIE.NET

http://www.volleyball-movies.net/   VOLLEYBALL.EU http://www.volleyballmag.eu/

[...] "Se noi adulti non capiamo lo sport e la musica non possiamo capire i giovani perché sono le due attività che più li entusiasmano. Alcuni solo la musica, altri solo lo sport e a tanti tutte e due le cose" ....

"non sono di quelli che difendono lo sport a tutti i costi e affermano che lo sport ha un valore educativo io penso che lo sport può avere un valore educativo ma può anche avere un valore diseducativo, come d’altronde tutte le realtà dell’essere umano. Perfino la religione, e questo lo vediamo tutti i giorni sui giornali senza scomodare la storia, in nome di Dio si sono fatte e si fanno tutt’ora cose terribili perché gli esseri umani non sono Dio.
Lo sport può fare di tutto, ha fatto di tutto e continuerà a fare di tutto per cui credo che dare un valore educativo allo sport sia una lotta." (J.Velasco)

“OCCORRE CERCARE DI VINCERE il PIU' POSSIBILE, MA ANCHE NON CREDERE a QUELLI CHE DICONO CHE il MONDO SI DIVIDE TRA VINCENTI e PERDENTI” (J. Velasco)

(…) Insegnare, anche nello Sport: questo è un elemento fondamentale.
Perché insegnare a vincere e a perdere vuol dire anche insegnare ad accettare i propri limiti. Uno dei problemi che noi operatori dello sport abbiamo e che peggiora sempre di più è che molti bambini arrivano a giocare e devono accettare certe situazioni: per esempio che giocano meno o che giocano peggio, mentre la mamma gli ha sempre detto che erano i più belli, che erano i migliori. Ci sono genitori che chiamano campione il figlio, ma perché campione se non ha mai giocato a niente, non ha mai vinto niente, che valore ha? Il bambino arriva e scopre che la mamma non aveva ragione perché non è il migliore e ce n’è un altro che merita più di lui. Accettare i propri limiti non significa dire “non valgo”, ma “io valgo comunque e se non gioco bene a questo sport giocherò meglio ad un altro e se non giocherò a nessuna cosa vuol dire che avrò bisogno solo di divertirmi e che farò qualcosa d’importante in un altro campo o forse farò l’arbitro o il tifoso”.
Invece molte volte la mentalità è che o vinco o sono una porcheria: questi sono concetti che dobbiamo combattere, pur continuando a sforzarci per vincere. Mi hanno chiesto tante volte: “Come si fa ad avere una mentalità vincente?” Questo è un altro degli slogan che vanno di moda. Io dico sempre che secondo me la mentalità vincente si acquisisce vincendo. Io non conosco una squadra che abbia mentalità vincente e che perda sempre. A volte si sente dire: “Abbiamo dei problemi tecnici per cui non vinciamo, ma abbiamo la mentalità vincente”. Io credo che si confonda mentalità vincente con isterismi. Ci sono giocatori che sanno bene dove sono le telecamere, per cui mettono le loro facce da grintosi proprio davanti alle telecamera, perché così convincono i tifosi e i giornalisti di avere la grinta poiché si urla, si fa la faccia da cattivo; ma poi bisogna vedere cosa si fa, perché se faccio la faccia da cattivo, ma tiro fuori la palla … la faccia da cattivo la può fare anche un attore del teatro e non saper giocare.
Quindi bisogna vincere per avere mentalità vincente, perché questo aumenta la nostra autostima, la nostra sicurezza, ci abituiamo a vincere. L’importante è che non crediamo che vincere vuol dire dimostrare che siamo i migliori! Questo è un aspetto molto bello dello sport, perché noi possiamo essere i migliori in una determinata partita, o in un certo campionato, ma la prossima partita e il prossimo campionato iniziano zero a zero. In altri ambiti non è così: nelle situazioni della vita i punti persi o i punti vinti te li porti dietro per tutta la vita. Ci sono poche squadre che fanno dei cicli vincenti. Secondo me accade perché quando si vince si crede di aver trovato la verità, il metodo, il modo di vincere e ci crediamo i migliori. Chi invece ha perso, sta cercando tutti i suoi difetti, tutti i motivi per cui non ha vinto; non è davanti allo specchio a guardare come è bello e a compiacersi di come gli altri gli dicono che sia bello perché ha vinto”. Chi ha perso si guarda e dice: “non sono così bello, devo migliorare perché ho perso”. Lì avviene il cambiamento e il vincitore non è più quello dell’anno prima, ma è un altro. (…)
fonte: pallavolo.it

martedì 26 luglio 2011

"LA PALLA NON DEVE CADERE MAI"

La squadra U.S.A, forse è stata una delle peggiori squadre difensive del mondo, una volta. Muri e difesa dovevano essere migliorati altrimenti non potevamo migliorare dalla 19° squadra del mondo, quello che eravamo alla fine del mondiale  1978. Uno dei miei primi viaggi internazionali è stato nell'estate del 1981, in Giappone. ..... [...]
MA PUO' ESSERCI UN GIOCO DI SQUADRA SENZA RICEZIONE E DIFESA ????
SOLO RARAMENTE.  (K.Kiraly)

lunedì 18 luglio 2011

DIFENDO ? No, ATTACCO !

Parlando di difesa, individuale o di squadra, servirebbero moltissime pagine per trattare in modo esauriente l’argomento, inoltre qualsiasi libro di pallavolo ne tratta in maniera ottimale l’approccio tecnico e didattico. In questo caso focalizzeremo l’attenzione solo su alcune parti della didattica del fondamentale difesa. In particolar modo punteremo l’indice su due aspetti da ritenersi fondamentali: l’approccio mentale alla difesa e la specializzazione nella difesa.

Solo la tecnica non basta
Dal punto di vista tecnico non si può prescindere da un corretta impostazione. Infatti ha grande importanza l’apprendimento della difesa su basi che ogni allenatore preparato sicuramente conosce. Non esistono segreti dunque, bensì principi didattici e biomeccanici da rispettare, per dare una base tecnica concreta e sufficiente. Facendo un paragone si possono considerare le tecniche difensive come le fondamenta di un palazzo: se non ci sono (o sono insufficienti) tutto crolla, ma da sole non bastano di certo. Senza un’adeguata mentalità, posso essere un “mostro” di bravura tecnicamente, ma non difenderò mai una palla se non quella che mi capiti addosso, dato che la difesa è troppo condizionata dalle variabili. Sulle solide fondamenta tecniche è indispensabile quindi costruire una mentalità difensiva da assimilare psicologicamente e che interpreti il fondamentale come una fase attiva del gioco.

L’approccio mentale
Ad ogni fondamentale nella pallavolo corrisponde un giusto approccio psicologico. Nel caso specifico della difesa è ancora più importante il “come” ci si appresta ad allenarla, cioè considerandola con uno spirito aggressivo, che non abitui a subire o ad aspettare sempre la scelta dell’avversario. Uno degli errori più comuni è considerare la difesa come un’azione “difensiva”, cioè come ad uno stato mentale che comporti una costante da cui difendersi. I più grandi atleti in questo fondamentale, lo sono perché sono forti soprattutto in questa particolare area (l’approccio psicologico). A questo proposito mi piace sempre ricordare il motto con cui l’americano Bob Cvrtlik, un grandissimo difensore, interpretava la questione dicendo: “considero un affronto personale qualsiasi pallone mi cada nelle vicinanze”. Questa frase-limite fa capire con che “spirito guerriero” il campione scendesse in campo. E sta proprio qui il nocciolo della questione per chi deve allenare la difesa: privilegiare un progetto mentale che poi verrà supportato da un disegno di tecnica individuale appropriata.
Quali sono allora le caratteristiche da affinare e su cui bisogna lavorare? Si possono riassumere brevemente nei seguenti punti:
1) Ricerca del pallone  2) Volontà di difendere  3) Anticipazione sul colpo  4) Aggressività  5) Specializzazione nel ruolo  6) Disciplina tattica.

La vera forza della difesa
Per far capire meglio il concetto citerò un esperimento che ritengo molto interessante, fatto da Montali (attuale allenatore della nazionale) in uno dei suoi corsi per allenatori. Montali aveva a disposizione 14 allievi molto bravi e preparati, che ha diviso in due gruppi da 7.
Al primo gruppo fece un discorso che generava nelle loro menti immagini positive. L’argomento del corso era la difesa e dava grandi motivazioni ed indicazioni di natura psicologica. Continuava durante le esercitazioni a stimolare continuamente l’aspetto motivazionale sull’intercettazione del pallone e la forza della volontà difensiva.
Al secondo gruppo invece dava solo indicazioni tecnico-tattiche. Correggeva tecnicamente il gesto, il movimento, il posizionamento in campo, le tensioni muscolari. Alla fine delle sedute pratiche già ci si accorgeva che il primo gruppo (quello delle immagini “positive”) migliorava sensibilmente.
All’ultimo giorno del corso Montali volle quantificare con uno scout sulla difesa il rendimento dei 14 ragazzi. Dopo 5 set giocati si analizzarono gli scorer: i 5 migliori facevano parte del primo gruppo. Questo è il riflesso di una condizione mentale che gli psicologi sportivi conoscono bene. A volte ci si dimentica di questa grande potenzialità, fossilizzandosi solo sull’aspetto tecnico.
A questo punto per sviluppare questa “area mentale” occorre dare un supporto tecnico-tattico che può essere anche la specializzazione difensiva. Diventa quindi importante che, nell’allenamento, venga data la possibilità di intercettare quanti più palloni possibili, tenendo sempre presente l’attacco da rete, il muro, tutte le varianti possibili delle traiettorie e delle velocità del pallone.

Quale specializzazione
In ogni fondamentale della pallavolo la specializzazione non è altro che il miglior modo di sfruttare le qualità del singolo giocatore per metterle a disposizione di un sistema di squadra. Nella difesa, in particolare, acquista una basilare importanza responsabilizzare e motivare l’atleta nella copertura di un’area all’interno del campo, in base alle caratteristiche difensive individuali o alle esigenze di gioco.
In breve si tratta di far conoscere il meglio possibile una particolare zona per aumentare l’efficacia, in quanto le varianti dell’attacco avversario sono di difficile intercettazione e spesso con velocità altissime. Si cerca quindi di costruire un vantaggio mentale in riferimento alla perfetta conoscenza dell’area che si deve difendere. In allenamento verrà dato ampio spazio quindi alle competenze difensive dei singoli, che potranno anche variare in relazione alle caratteristiche dell’avversario da incontrare. Questo resta sempre il modo più efficace per far sì che l’atleta raggiunga la massima gestualità e risposta durante la difesa.
Inoltre, se in possesso di informazioni analitiche dell’avversario, il modo migliore per sfruttare tutte le indicazioni che provengono dai vari scout, è sicuramente quello di costruire una specializzazione di ruoli con particolare riferimento alla correlazione muro-difesa.
In conclusione si può affermare che specializzare nella difesa è un modo per richiedere ai nostri atleti l’uso delle tecniche a loro più congeniali, affinché la pratica metodica dell’allenamento ne esalti le qualità.

Difendere è un pò attaccare
Difendo? No, attacco! Questo deve essere il motto interiore del giocatore che sta difendendo. In età giovanile poi questa mentalità è assolutamente indispensabile, dato che i giovani sono più facilmente plasmabili e gli automatismi tecnici e mentali si fisseranno nella maniera più adeguata. Al giocatore giovane faccio molto spesso questo tipo di discorso: “in difesa sei composto da due cose, metà dalla tua tecnica (abilità di bagher, di spostamenti, tuffo ecc.) e l’altra metà dalla tua volontà di non far cadere mai il pallone. Quando attacca l’avversario quindi proiettati subito verso il pallone, fermandoti solo quando la palla è fuori o un tuo compagno la tocca prima di te”.
Tutto questo ha un solo obiettivo: la difesa come attacco. Ovvero una condizione mentale che non costringa a subire passivamente, ma che permetta sempre di avere un vantaggio psicologico, in modo tale da considerare la difesa come un fondamentale d’attacco.
Elaborato a cura di Roberto Tavola
(Pubblicato sulla rivista “New Volley Time” - periodico mensile)

IL BUON ALLENATORE ...

Al primo posto pongo anzitutto le conoscenze tecnico-tattiche, che sono indispensabili, a mio avviso, per un buon allenatore. Diceva Galileo, prima la teoria e poi la pratica. Non credo che un buon allenatore possa prescindere dall’avere delle solide basi teoriche alle spalle. Non mi piace quando ai corsi mi dicono: “Meglio un allenatore che sa poche cose, ma le sa applicare tutte, piuttosto che uno che ne sa tante, ma ne sa applicare poche“. Non mi piace perché è vaga e sembra che crei alibi all’ignoranza. Dal mio punto di vista, non dovrebbero nemmeno esistere allenatori che sanno “poche cose”, dove io intendo che sia sottintesa l’espressione “in relazione al livello che allenano”. Certo, se alleno l’Under 12, non è necessario che abbia le stesse conoscenze che hanno in serie A1, ma ci sono cose da cui non posso prescindere. Che senso ha parlare di un allenatore che, allenando un Under12, sappia applicare benissimo il palleggio, ma poi non sappai neanche cosa sia un bagher?
Non so se riesco ad essere chiaro: a mio avviso non dovrebbero esistere allenatori che sanno poche cose. E’ un po’ come dire che, siccome l’ortopedico si occupa di ossa, egli non debba essere a conoscenza di come funzioni l’apparato circolatorio. Vi piacerebbe sapere che il medico che ha in mano il vostro ginocchio, non sa nemmeno la differenza tra vene e arterie? Il discorso dell’applicare i concetti è molto vero (infatti, ogni medico è specializzato in un particolare campo), ma ritengo che sia un fatto che si possa accumulare con l’ingegno, l’esperienza e la passione. Invece, la conoscenza dipende quasi esclusivamente da una forma di studio (non necessariamente sui libri), quindi non è un regalo che si ottiene “grazie al tempo”! Se vuoi svolgere un lavoro con professionalità, devi prima imparare la teoria che lo sovrasta. Assumereste mai, nella vostra officina, un meccanico che sa solo montare e smontare sportelli? Sicuramente preferireste uno con solide basi alle spalle, anche se magari non ancora del tutto pratico nell’attività vera e propria.
Così come il medico ha in mano una vita (perdonate l’analogia un po’ grottesca e inopportuna, è solo per capirsi) e il meccanico un’automobile, allo stesso modo l’allenatore ha in mano le carriere dei suoi giocatori. Non può credere di allenarli a dovere, se non ha le conoscenze per farlo.  Andrea Asta (segue  risposta di Sergio Ardizzoni)

Il buon allenatore

la STORIA di QUELLE QUATTRO PERSONE, CHIAMATE: Ognuno, Qualcuno, Ciascuno e Nessuno

C'era un lavoro importante da fare e Ognuno era sicuro che Qualcuno lo avrebbe fatto. Ciascuno poteva farlo, ma Nessuno lo fece, Qualcuno si arrabbiò perché era il lavoro di Ognuno. Ognuno pensò che Ciascuno potesse farlo, ma Nessuno capì che Ognuno l'avrebbe fatto. Finì che Ognuno incolpò Qualcuno perché Nessuno fece ciò che Ciascuno avrebbe potuto fare.

QUEI CLUB SOMMERSI E SPARITI ... LO SPORT al TEMPO della CRISI

Tra le discipline di squadra (calcio,basket,volley e rugby) ecatombe di fallimenti e rinunce: La mannaia della crisi si è abbattuta pesantemente anche sullo sport italiano, perlomeno lontano dai riflettori delle serie maggiori. Saltano o chiudono piazze storiche di calcio,basket,volley e rugby. .... Campionati ridotti all'osso e l'incubo stipendio alla fine del mese, ormai ci abbiamo fatto il callo, ogni estate i fallimenti si moltiplicano, gli sponsor se la danno a gambe e quel che resta è una guerra tra poveri in cui la crisi economica porta piccole e grandi società a fare i conti con iscrizioni insostenibili. Calcio, basket, volley, rugby, solo per citare gli sport di squadra più seguiti in Italia, tutti faticano a tenere il passo. Per bisogno di competitività le rose si allargano, ma poi le società che possono permettersi di sostenere le spese sono sempre meno, mentre aumentano i vincoli da presentare tra giugno e luglio. Non importa più se vinci sul campo, perchè se non hai la liquidità a fine anno si retrocede d'ufficio, o peggio si fallisce e si riparte dal dilettantismo ....  (Simone di Stefano)

giovedì 14 luglio 2011

SAPERE LEGGERE, COMPRENDERE E INTERPRETARE ....

Talvolta si confonde l’esperienza con l’età. Ma se per un pilota l’esperienza può essere quantificata con il numero di ore di volo, nel campo delle relazioni umane i criteri sono altri. L’esperienza,
o meglio, la somma delle esperienze deve accompagnarsi  a una disponibilità alla verifica continua della forza delle proprie idee, che è del tutto indipendente dall’età anagrafica, ma è piuttosto un tratto caratteristico della personalità, che fa a pugni con la presunzione. (Mauro Berruto) Lezione 2 http://youtu.be/Mc3xPql1ag0

ROUND ONE THING WILL NEVER BE SQUARE ......

mercoledì 13 luglio 2011

CARPE DIEM .....

Carpe diem, letteralmente "Cogli il giorno", normalmente tradotta in "Cogli l'attimo", anche se la traduzione più appropriata sarebbe "Vivi il presente" (non pensando al futuro) è una locuzione tratta dalle Odi del poeta latino Orazio (Odi 1, 11, 8). Viene di norma citata in questa forma abbreviata, anche se sarebbe opportuno completarla con il seguito del verso oraziano: "quam minimum credula postero" ("confidando il meno possibile nel domani").
Si tratta non solo di una delle più celebri orazioni della latinità; ma anche di una delle filosofie di vita più influenti della storia, nonché di una delle più fraintese, nella quale Orazio fece confluire tutta la potenza lirica della sua poesia.http://it.wikipedia.org/wiki/Carpe_diem [...]Nel binomio s'intrecciano due concetti profondi, la qualità (carpe) e la temporalità (diem) del vivere.[...] Orazio volle infondere una serena dignità all'uomo che dia valore alla propria esistenza sfidando l'usura del tempo e il suo status effimero. Lezione 1 http://youtu.be/K6v1K1z7K9w

domenica 10 luglio 2011

CONSIDERAZIONI SUL METODO GLOBALE

Gli esercizi analitici, sintetici etc DEVONO ESSERE MANTENUTI PER COMPENSARE CARENZE INDIVIDUALI, ma non costituire "il cuore" dell'allenamento. Già dalle giovanili occorre abbreviare ed accelerare il passaggio tra "fondamentale" e gioco mettendo le ragazzine nella condizione di giocare già con i fondamentali che conoscono.
PAROLE CHIAVE:
il compito di un allenatore è "semplificare i problemi" e per fare questo per ogni
fondamentale o tecnica di base (es bagher, palleggio etc), per ogni tecnica (es, ricezione = applicazione del fondamentale bagher), e per ogni situazione occorre identificare non più di 4 - 5 punti (concetti)
. Questi concetti vengono illustrati e costantemente richiamati all'atleta associandoli a parole chiave in modo che la comunicazione verbale sia rapida e chiara.http://www.allenatoridipallavolo.com/file/1considerazionisulmetodoglobale-juliovelasco.pdf

sabato 9 luglio 2011

VALE PIU’ LA PRATICA DELLA GRAMMATICA

Quello dell’allenatore è quindi un lavoro fatto di sensibilità. Sensibilità ai carichi di lavoro, alla gestione dei tempi di recupero e di riposo, alla vita e ai movimenti del gruppo. Ma soprattutto di sensibilità nei confronti della personalità di ciascuno degli atleti di cui dispone. Talvolta si confonde l’esperienza con l’età. Ma se per un pilota l’esperienza può essere quantificata con il numero di ore di volo, nel campo delle relazioni umane i criteri sono altri. L’esperienza,
o meglio, la somma delle esperienze deve accompagnarsi  a una disponibilità alla verifica continua della forza delle proprie idee, che è del tutto indipendente dall’età anagrafica, ma è piuttosto un tratto caratteristico della personalità, che fa a pugni con la presunzione. Anche i gruppi vincenti attraversano momenti difficili legati alle sconfitte, al mancato raggiungimento di obiettivi, a conflitti di personalità. Tutto questo fa parte del gioco tanto quanto l’ottimismo e il pessimismo fanno parte della vita quotidiana di tutti noi. Ma la lealtà, il rispetto e la fiducia sono valori buoni per tutte le stagioni. Se saremo riusciti a non mettere in discussione il valore delle persone potremo attraversare indenni anche i momenti difficili, potremo decidere con serenità del nostro futuro e, soprattutto, potremo analizzare con lucidità tanto i perchè delle stagioni vincenti quanto quelli delle stagioni negative. Questo forma l’esperienza; la disponibilità a cambiare idea e il valore del buon senso, che permette di sostenere che, chi non ha più nulla da imparare, deve smettere di insegnare.


di Mauro Berruto

L’UTOPIA E IL SENSO DEL GRUPPO

Siamo tutti consapevoli dell’importanza della motivazione. Ma quando le mete sono troppo alte per i soggetti che se le sono poste? Nessun alpinista si concentra esclusivamente sulla cima della montagna da scalare. Piuttosto l’attenzione e la concentrazione massima sono su ogni singolo appiglio. Il raggiungimento della vetta è sempre una conseguenza diretta della somma di ogni metro superato. La motivazione delle persone passa attraverso la partecipazione. E la partecipazione passa attraverso il rispetto delle individualità. E’ fuori discussione che in uno sport dove sei persone devono muoversi in maniera assolutamente coordinata e dinamica in uno spazio di appena 81 metri quadrati, il senso del gruppo è un valore fondamentale. Ma non credo che sia mai possibile arrivare a costruire questo senso del gruppo passando sopra agli individui. Il punto nodale è sempre l’individuo nella complessità di tutti i ruoli che costruiscono la sua personalità (atleta, professionista, studente, lavoratore, figlio, genitore, ecc.). Solo il rispetto fra gli individui costruisce le fondamenta di un solido senso del gruppo. Un allenatore può mancare di rispetto  ai suoi atleti in tanti modi, tutti di pari importanza: non preparare l’allenamento, sottolineare le caratteristiche o le prestazioni negative, esaltare o colpevolizzare, non offrire pari opportunità a tutti.
di Mauro Berruto

Cosa succede e quante volte?

È necessario sapere anche come e quando una determinata situazione può capitare in partita. L’allenatore quindi dedicherà più tempo alle situazioni che in partita accadono più spesso. Prendiamo ad esempio ancora la ricezione.
Dagli scout sappiamo che una quota di ricezioni sono scadenti e obbligano a giocare la palla alta.
Dedichiamo il tempo necessario a questa situazione? Un altro esempio: dopo la battuta l’alzatore difende e la palla deve essere alzata da un altro giocatore. Siamo preparati a farlo e soprattutto dedichiamo del tempo per allenare questa situazione?
Come queste, esistono svariate situazioni che in partita ci si presentano, ma spesso in allenamento non sono riprodotte adeguatamente e perciò la risposta rischia di essere negativa.
A volte sentiamo allenatori che dicono: “sbagliamo le cose più facili”.
Ma se si analizza attentamente si potrebbe scoprire che quelle cose “facili” colgono spesso impreparati i giocatori.
Un altro esempio? Prendiamo una difesa avversaria che torna subito nel nostro campo.
Quale schema dobbiamo fare? Quello della fase ricezione o si chiama una seconda palla per il contrattacco? Abbiamo pensato a dare una risposta a questo problema? Queste sono cose concrete e come altre devono essere allenate perché fanno parte del gioco.
Ed il tempo che devo dedicare ad una cosa o all’altra dipende da quante volte succedono nel gioco.

L’esercizio: un aiuto per giocare meglio

Un errore da evitare è allenare i giocatori a fare un esercizio ponendo l’attenzione solo sul fare bene tale esercizio. Invece deve essere visto come strumento per imparare a giocare.
A volte l’esercizio, soprattutto quando è analitico e molto diverso dal gioco, viene visto fine a se stesso e non come una parte che deve essere reinserita appena si può.
Un classico esempio è l’attacco-difesa a coppie: non è detto che chi difende bene in coppia sappia difendere. Non che si debba eliminare l’attacco-difesa a coppie, ma si tratta di farlo con la consapevolezza che quella è la base minima, elementare per la difesa.
In effetti la difesa è un’altra cosa: viene da sopra la rete, arriva con angoli diversi, c’è il muro che disturba, lo spazio da difendere è in relazione ai compagni, ecc.
Roberto Tavola

Fare delle scelte

Prendiamo la nostra squadra, la analizziamo e pensiamo che ci sono almeno venti cose da migliorare: non è possibile fare tutto e subito, bisogna fare delle scelte.
Identificare le priorità è la chiave giusta. Poi si può lavorare anche su altri aspetti, ma ci sono alcune cose che, se migliorate, fanno fare il salto di qualità.
Il problema adesso è capire quale sono gli aspetti principali da migliorare per ottenere un gioco che sia adeguato alla categoria, agli obiettivi, alle potenzialità ed ai mezzi a disposizione.
Osservare attentamente il gioco è essenziale e solo da li possono partire gli imput per impostare un piano di lavoro corretto.
Questo vale sia per la squadra che per i singoli giocatori, in un’analisi che deve essere continuamente confrontata con i nuovi livelli raggiunti giocando

Allenarsi a Giocare

La componente gioco nell’allenamento (di qualsiasi livello) non deve mai mancare. L’allenatore dovrebbe attingere dal gioco quelle informazioni che gli servono per impostare un piano di lavoro, dal singolo allenamento al piano annuale. Vedremo di seguito alcuni “aspetti concreti” che spesso ci si presentano in palestra.

Partire dal gioco
Il concetto di “partire dal gioco” significa partire dalla sua struttura, cioè fase ricezione (ricezione-alzata-attacco-copertura-muro-difesa-contrattacco) e fase battuta (battuta-muro-difesa-alzata-contrattacco). Ovviamente ci vogliono i fondamentali per fare questo, ma non il contrario. L’azione di gioco non deve essere vista come una semplice somma dei fondamentali. La globalità come concetto,un discorso che sta alla base e che si trasferisce negli esercizi. Il perché si deve fare una cosa traendo riferimento costante dal gioco, anche mentre si insegna un aspetto particolare o strettamente analitico.
Alcuni esempi. Si palleggia spesso a coppie, non è che sia sbagliato, ma in partita non succede mai, dato che dopo il bagher c’è subito l’alzata.
Quindi invece di palleggiare semplicemente a coppie lo si fa imitando un appoggio, un’alzata, in modo che il feed back sia diretto.
In coppia si allena spesso anche l’attacco difesa, mentre in partita non capita mai che l’attacco parta dal proprio campo e addirittura con palla bassa. In allenamento quindi bisognerebbe riprodurre l’esatta realtà della situazione gioco in modo che tutta l’attività svolta serva “direttamente” alla funzione che ci sta più a cuore: il gioco.
Il punto cruciale sta quindi racchiuso in queste due filosofie di allenamento: estrapolare un aspetto del gioco e lavorarlo a parte o lavorare a parte per poi sommare il tutto ottenendo il gioco? Sono due modi completamente diversi di vedere le cose. A mio parere la via da percorrere è quella di insegnare a giocare, cioè prendere una parte e lavorarla da sola perché c’è bisogno che tutta l’attenzione sia rivolta su quell’aspetto; ma dopo averla lavorata  reinserirla subito nel contesto del gioco. Facendo il contrario, oltre che poco produttivo, risulterebbe poco motivante per i giocatori.
Roberto Tavola

Imparo la tecnica per giocare o gioco per imparare la tecnica?

Ovviamente per giocare abbiamo bisogno delle tecniche, ma tutto deve partire dal gioco. Uno degli approcci più diffusi nell’insegnamento della pallavolo è quello di partire dai fondamentali ed in seguito con l’assemblaggio dei vari fondamentali, si dovrebbe arrivare al gioco.
In realtà le cose non stanno proprio così. La situazione effettiva di un giocatore (dal minivolley alla serie A) parte dal gioco. Un allenatore deve quindi porsi la domanda “come è una partita?”  e da li decidere che cosa bisogna allenare. Spesso si comincia con esercizi (tecnici, coordinativi, ecc.).
Ora proviamo ad invertire la normale prospettiva. Il gioco si divide in due parti: quando battiamo e quando riceviamo. Per fare punto partendo dalla ricezione cosa ci vuole? Ricezione, alzata e attacco. A volte però per problemi tecnici (come può succedere nel giovanile) la ricezione non è all’altezza.
Allora ci si chiede: qual è la cosa più importante per ricevere? Oltre alla valutazione della traiettoria, lo spostamento, ecc. è il bagher. Allora si potrà insegnare il bagher anche con esercizi analitici, ma avendo presente per che cosa lo si fa: per poter fare ricezione, alzata e attacco, cioè il gioco.

Fondamentali si, fondamentali no

Negli sport di squadra come nella pallavolo la tecnica è condizionata permanentemente dalla situazione, cioè dall’avversario, dal tipo di palla, ecc. il che non significa che ognuno adotta la tecnica che gli pare.
Ci sono principi biomeccanici da rispettare e proprio in base a questi esistono i cosiddetti “fondamentali”. Secondo una pallavolo globale bisogna insegnare la tecnica nelle situazioni e correggerla analiticamente.
Prendiamo ad esempio la schiacciata: per fondamentale corretto si intendono i giusti passi della rincorsa, lo stacco a tempo, il colpire la palla col braccio esteso, il controllo della chiusura e l’atterraggio.
Ma da qui a “saper schiacciare” la strada è ancora lunga. Un giocatore può essere in possesso di tecnica sopraffina ma non essere efficace.  Quindi solo la tecnica no basta, la situazione di gioco è essenziale. Imparare i fondamentali è un procedimento corretto, ma a condizione che crescano in diretta relazione a confronto con il gioco.

Volleyball Spike fast D

http://youtu.be/frcfdRuBWdQ

Spike Fast A

http://youtu.be/VeGuHMO1Zno

Spiking - Dummy spike

http://youtu.be/xk06mBLWfk4                                                                                                                          

CAMPIONI… A METÀ

Pochi giorni fa un mio amico allenatore mi ha posto questo quesito : "Maria, la mia posto 2 , che come sai è molto forte in attacco, ha un problema :quando il punteggio supera il 20, non mette giù più una palla e spesso perdiamo per questo motivo..cosa posso fare? Cosa devo dirle..? " Questo è solo un caso, tra l’altro molto comune,dove la "pressione" condiziona negativamente un comportamento.
Evidentemente sono le emozioni che condizionano le nostre azioni,d’accordo..ma come si possono "scegliere" le emozioni appropriate? Sul 22 pari Maria ha bisogno di convinzione e concentrazione, non di ansia o paura di sbagliare, ma queste arrivano automaticamente, inarrestabili ! E ogni volta queste convinzioni si rafforzano fino a far dire a Maria:"..spero che adesso non alzi a me , che tanto sbaglio.."
A noi interessa poco sapere quando e come si è formato in Maria questo "meccanismo" per cui in certi PRECISI momenti scatta la "tremarella", ma sappiamo che appunto questo "meccanismo" non è innato ma lo abbiamo creato noi e quindi potremo anche ristrutturalo o crearne uno nuovo. La nostra mente è fantastica nella sua duttilità!
Ora voglio fare un giochino con voi per dimostrare quanto le emozioni siano accessibili: sedetevi comodamente sulla vostra poltrona e immaginate, più fervidamente possibile, la scena della vostra più bella vittoria, il momento dell’ultimo punto e l’euforia successiva..potete chiudere gli occhi per qualche secondo. Molti avranno avvertito anche qualcosa di fisico come un brivido , un groppo o un cambio di respirazione ..chiudete gli occhi e riprovate…
Avete sentito qualcosa? Sto comunicando con voi da un computer eppure, benché in misura minima, ho creato in voi una emozione. Se non avete provato nulla significa o che non vi siete immedesimati abbastanza o che non avete mai vinto una partita!
il cinema o la pubblicità ci dimostrano continuamente come sia relativamente facile creare emozioni, e la buona notizia è che i moderni mental trainer, quelli che usano metodi diretti e rapidi come la PNL, possono in poche settimane smantellare definitivamente gli atteggiamenti ritenuti controproducenti o istaurarne di nuovi positivi. Se dopo un anno di partite e allenamenti all’ultimo set Maria manda tutto in fumo..potete cambiare opposto..o forse sarà il caso di cominciare ad allenare anche la sua parte emozionale?
Maurizio Maggiori Mental Trainer PNLSPORT.it 

venerdì 8 luglio 2011

la SCELTA dei TITOLARI e di PROGRAMMAZIONE ...

E' idea condivisa che per il raggiungimento degli obiettivi sia necessario cercare di risolvere anche le conflittualità all'interno dell'organico. Non sempre l'avversario da battere è dall'altra parte della rete o del campo. Il vero nemico dell'organizzazione è spesso dentro l'organizzazione stessa. Quando la definizione dei ruoli e delle competenze non è chiara, quando iniziano a mostrarsi le crepe, le incomprensioni e gli attriti tra i giocatori, difficilmente si riuscirà a creare il clima di cooperazione e unione indispensabile per andare all'attacco delle altre squadre. Come si può pensare a un nemico da sconfiggere quando il vero nemico siamo noi ?
"Lo Sport non costruisce il carattere .. They reveal it .. Lo rivela." __ "A volte, il miglior modo possibile per 'scoprire' un giocatore, è conoscere ciò che i suoi compagni hanno da dire su di lui. An even better way to get a feel for a player is to see what he has to say about his fellow players. Un modo migliore per comprendere la sensibilità di un giocatore, è 'analizzare' cosa ha da dire sui suoi compagni di gioco. __ all the talent in the world wont take you anywhere without your teammates.Tutto il talento del mondo non ti porta da nessuna parte senza i tuoi compagni  _____________________________ Practice does NOT make perfect. Practice makes permanent. PERFECT practice makes perfect. La pratica non rende 'perfetti'. La pratica rende permanente. PERFETTA pratica rende 'perfetti'. ______________________________The setter, a hard working TALENTED volleyball player who receives NO GLORY!

martedì 5 luglio 2011

la DIFESA nel VOLLEY

La prima regola della difesa è "non far cader la palla per terra". Sembra quasi una massima alla Catalano della vecchia "banda" di Quelli della Notte. In realtà questa frase la ripeteva continuamente un'allenatore conosciuto più di trent'anni fa. Ed aveva ragione.


Poi vennero gli studiosi che cominciarono a codificare come preparare al meglio il difensore.
Nell'affrontare questo problema ci accorgeremo che la prima empirica definizione sul concetto di
difesa, e gli studi fatti in questi ultimi anni, portano sempre allo stesso punto .. raccogliere sempre più palloni possibili.
.                                                                                                                     difesa        http://youtu.be/sSilHr6r0FI Paola Cardullo  http://youtu.be/f8HEXVq8mA0 Atteggiamento difesa volley.wmv http://youtu.be/Qbb8gkVSAdU

Il fondamentale Difesa

“APPUNTI” della CONFERENZA di JULIO VELASCO

         –BENESSERE NELLO SPORT-
 
                           FABRIANO 26 FEBBRAIO 2010
 
 
 
Ø Vivere una partita, un incontro significa vivere e salvaguardare le emozioni della vita. Emozioni belle. Emozioni brutte. Comunque emozioni autentiche.
Ø La delusione di una sconfitta ci insegna molto, esattamente come possiamo imparare dall’euforia per la vittoria
Ø A differenza della prima che permane a lungo, quest’ultima è effimera: i punti e le prodezze del campionato precedente rimangono nel campionato passato, si perdono nel tempo.
Ø I migliori di “quel”campionato non sono i MIGLIORI in assoluto: ogni campionato bisogna ricominciare da capo e dimostrare di nuovo.
Ø Ci domandiamo perché abbiamo vinto o perché abbiamo perso? Si fa fatica ammettere che l’altro è stato più bravo o, peggio, più fortunato (ammissione : siamo degli sfigati )
Ø Se vinciamo abbiamo davanti agli occhi una lente a colori, se siamo gli sconfitti, abbiamo una lente grigia che condiziona la nostra vita e tutti i nostri giudizi.
Ø Magari ci capita di vincere per una palla fortunata. Si vincono o si perdono i campionati del mondo per due punti, due palle fortunate o sfortunate.
Ø Per tutta la vita ho incontrato persone che non mi hanno apostrofato ricordando le vittorie, ma ricordando la finale persa…”Però,quella finale….”
Ø In realtà  posso vincere oppure perdere anche per pochissimi punti, forse 1, ma sono tranquillo sapendo di aver dato tutto. Il “dare tutto” è indice di serietà, serietà come impegno, che a sua volta è indice di divertimento: i bambini quando giocano si divertono,ma si divertono solo se riescono a farlo, il gioco in cui sono impegnati. E questo è un segreto: FARE LE COSE BENE, qualunque cosa si faccia. A volte si rinuncia e si dice: tanto non mi importa…. Non ti importa oppure non accetti di avere dei limiti e di non riuscire? Fondamentale a livello educativo è l’accettazione dei propri limiti per superarli. In questo caso molto influente risulta essere la formazione che deriva dalla pratica degli sport individuali. Anche lo sport di squadra è essenziale: NON SONO IL PIU’ FORTE MA HO UN RUOLO E HANNO BISOGNO DI ME.
Ø Una componente fondamentale nello sport risulta essere la MENTALITA’ VINCENTE. Il corpo parla ed esprime la sensazione di sicurezza o di insicurezza.
Ø I campioni hanno PAURA? SI. I campioni hanno DUBBI? SI Bernardi, campione di pallavolo dichiarò in un’intervista che prima di ogni incontro aveva le mani sudate. Non aveva paura di ammetterlo. E Bernardi riusciva a superare quella paura ogni volta  perché sapeva di averla e sapeva che l’avrebbe superata. L’interrogativo risulta essere: vinco io o vince la paura? IMPARARE SENZA MAI SBAGLIARE E’ IMPOSSIBILE. L’errore è uno straordinario mezzo per imparare .
Ø E inoltre tutti sbagliano: Impossibile trovare uno perfetto e anche se lo fosse lo troveremmo antipatico e fuori luogo.
Ø Lo sport che pratichiamo ci aiuta a misurare i nostri limiti con le virtù e le caratteristiche degli avversari, ci aiuta a conoscere i nostri PUNTI FORTI e PUNTI DEBOLI. Più che una partita-CONTRO gli avversari è una partita-CONTRO di noi, o forse a nostro FAVORE
Ø Velasco:… nello sci sono un disastro, ma quando arrivo in fondo alla mia pista bianca sono euforico perché non sono caduto, sono riuscito nel mio intento; a volte cado e mi rialzo e ci riprovo con maggiore impegno, con divertimento
Ø REGOLE: Lo sport è un GIOCO REGOLAMENTATO, e la regola da al gioco più importanza. I bambini quando giocano a nascondino hanno delle regole ferree: guai a trasgredirle; bisognerebbe portare il nascondino alle nazionali.
Ø Senza regole non si può giocare, ma è fondamentale l’accettazione della regola e questo avviene solo se le REGOLE sono CONDIVISE. Lo sport è un mezzo per crescere nella consapevolezza e nel rispetto sociale.
Ø E’ fondamentale questo aspetto SOCIALE dello sport. Quello più diffuso invece è il modello paradigmatico dello sport ad alto livello. Dovrei sentirmi un fallito se non sono riuscito a giocare in serie A? Nella vita ciò che veramente conta è riuscire a fare ciò che ti piace. COSA TI PIACE FARE VERAMENTE NELLA VITA?  Mi piace la musica…bene, vivi per la musica…considera che LA VITA NON E’ UNA SCALA DI COMPARAZIONE. Riflettete dunque bene su cosa vi piace veramente fare e fatelo.
Ø Fondamentale nello sport è anche la SPINTA A MIGLIORARE: lasciamo un punto per raggiungerne un altro perché vogliamo migliorare. NON GIOCARE 2 SE VALI 4!!!! Ma non credere di essere 4 se vali 2: in questo una grande influenza l’hanno i genitori: il CAMPIONE DI PAPA’…DAMMI UN 5 CAMPIONE…Se mento a mio figlio e lo sopravvaluto non gli voglio bene; e il figlio può anche equivocare : mi vuole bene solo se sono un campione…se non sono un campione sono una merda… I genitori spesso sbagliano…se mio figlio si realizza o meno nello sport non sono affari miei, SONO AFFARI SUOI, E’ LA SUA VITA. Non trattiamo i GIOVANI come se fossero DEBOLI;  ricordiamo sempre che i giovani hanno la peculiare capacità di cambiare di adattarsi quindi di conseguenza di migliorarsi. Evitiamo i giudizi che incasellano i giovani in categorie prestabilite e impariamo da loro il fatto che ciascuna persona deve essere RICONOSCIUTA COME E’  e non perché fa parte di una categoria.
Ø Se debbono essere criticati, critichiamoli, se debbono essere puniti, puniamoli, ma non giudichiamoli e mandiamoli alla gogna per una cosa che hanno fatto.
Ø No alle frasi killer: SEI SEMPRE IL SOLITO… non c’è futuro in questa frase anzi incoraggiamoli con un “TU PUOI ESSERE MEGLIO“, ”CE LA PUOI FARE
Ø NO AI “PORI COCCHI” come si dice da noi, gente con le ali tarpate e il futuro precluso.
Ø Errore opposto è quello di difenderli ad oltranza. Non togliamo dalla loro strada l’ostacolo della professoressa “ingiusta”, ma trasformiamolo ai loro occhi come 1 opportunità per diventare più forti, trovando il modo di aggirare o di superare  l’ostacolo. FONDAMENTALE E’ TRATTARE I GIOVANI COME “FORTI”. Debbo arrivare a vederli così: dice un frase che CIASCUNO CRESCE SOLO SE SOGNATO…e poi che allenatore potrei essere se non insegno loro a giocare quindi a lottare, quindi a battersi, quindi a superare gli ostacoli, quindi a conquistare la vittoria? A volte capita di avere dei giocatori non tanto forti e allora non bisogna mentire perché essere AUTENTICI è essenziale. Importante in questo caso è passare il messaggio: è vero, c’è qualcuno più bravo di te, ma anche te vali molto….
Ø Non ho mai sopportato delle frasi tipo “SONO DI UN ALTRO PIANETA” non potremo mai batterli. Tutto sta nella testa…alleniamoci in maniera adeguata, potremmo colmare il GAP…nothing is impossibile…
Ø La teoria dell’allenamento è in continua evoluzione;quando abbiamo perso contro l’Olanda guardavamo i centrali che saltavano a vuoto anche un centinaio di volte a partita….SALTARE A VUOTO…ci sembrava un lavoro inutile e invece era un lavoro importante per la squadra…LAVORAVANO PER LA SQUADRA…”roba da giapponesi” si diceva…vent’anni dopo lo fanno tutti….
Ø Queste frasi killer rappresentano la pessima mentalità comune…ci aspettiamo tutto, anzi a volte si tifa, affinché il favorito perda….roba da mediocri…così ci livelliamo tutti (SINDROME DELL’AUTOSTRADA ). Voglio che il mio gruppo sia diverso, tento di inculcargli la mentalità di ESSERE LI’ SUL PODIO A QUALUNQUE PREZZO…sembrerebbe una esagerazione, ma in realtà non lo è perché troppo spesso ho visto che gli allenatori buoni o buonisti scatenano la cattiveria del gruppo. I ragazzi più difficili sono i figli dei genitori buoni e democratici. Dobbiamo invece dare ai giovani dei buoni motivi per scappare da noi. Un genitore che non ti ha mai deluso ti mette la palla al piede: ti rende schiavo: non ci sarà mai nessuno al mondo che sarà capace di amarti come ti amo io….e se hai la testa invasa da qualcuno che fa tutto per te non ti metterai mai in gioco con l’amore,l’amicizia, l’impegno, perché è FATICA…Se non hanno VOGLIA DI FARE è perché QUALCUNO GLIEL’HA TOLTA.
Ø C’è molta differenza tra lo SCONFITTO e il PERDENTE….UN MONDO DI DIGNITA’… e non perdiamo mai di vista che tra i PERDENTI possiamo trovare sia BRAVE che PESSIME persone e che analogamente tra i VINCENTI possiamo trovare sia PESSIME che BRAVE  persone
Ø L’EFFICACIA della vita ha poco a che fare con le nostre emozioni e con i nostri sentimenti e con la nostra morale.
Ø
Ø
Ø p.s.: mi scuso con J. Velasco se non è stato riportato in modo sempre corretto il suo pensiero; e approfitto ringraziandolo del prezioso contributo per queste riflessioni